Grande prestazione del mitico Alessandro Sallusti che oggi sul Giornale scrive citando Wikipedia:
non mi stupisce la sua [di Berlusconi, nda] volontà di volersi comunque candidare alle elezioni europee. Io penso che la sua battaglia debba diventare la nostra perché togliere dalla competizione con una sentenza truffa il leader politico del centrodestra è cosa che non possiamo subire in silenzio. Il mio è un invito a essere tutti complici di una disobbedienza civile, pratica, il più delle volte nobile. Cito Wikipedia: «Negli Usa i diritti civili dei neri, pur concessi sulla carta, sono stati resi effettivi solo dalle campagne di disobbedienza civile di massa degli anni Sessanta. L’emancipazione nazionale indiana non sarebbe stata possibile senza le azioni di disobbedienza civile di Gandhi, che parlava anche di resistenza civile. Lo stesso Gandhi affermava: noi cessiamo di collaborare coi nostri governanti quando le loro azioni ci sembrano ingiuste. Questa è la resistenza passiva. In Italia ebbe una buona notorietà il saggio del 1965 L’obbedienza non è più una virtù di don Lorenzo Milani che appoggiava l’obiezione civile contro il servizio militare».
Come vedete, siamo in buona compagnia. Chi vuole disobbedire insieme a noi può testimoniarlo inviando una email con nome e cognome a berlusconi.candidato@ilgiornale.it o un fax allo 02.72.02.38.59. Facciamo sentire forte la nostra voce. Ne vale la pena, indipendentemente dal risultato che otterremo. E lo dobbiamo al Presidente per averci permesso di vivere questi vent’anni di libertà, bislacchi e pasticciati fino a che si vuole ma meglio che sudditi di una sinistra mascalzona.
Non sono il primo a scriverlo ma l’ho subito pensato: “la Fiat starebbe meglio senza l’Italia” ecco la poutanade di Sergio Marchionne (un mix tra puttanata e boutade).
Ganzo, il Sergio. La Fiat e’ quella che e’ grazie al contributo di tutti gli italiani, che per anni hanno pagato la cassa integrazione, le agevolazioni eccetera a quella “grande” fabbrica. Se lo stato non l’avesse favorita con tutti i mezzi ora non sarebbe dov’e’. Se poi la posizione non gli piace, tant’e'!
Forse per tutti sarebbe stato meglio che non ci fosse stata la fabbrica d’automobili in Italia e avremmo avuto un sistema di trasporti ferroviari migliore (??).
Ho scoperto ieri grazie al podcast Di tutto un podcast, l’esistenza del movimento Flash mob. Si tratta di un movimento spontaneo, coordinato attraverso i social network, attraverso il quale alcune persone (anche centinaia) si trovano in un posto e danzano su una coreografia per un minuto (quelli piu’ belli).
I ballerini si mescolano alla folla e ad un segnale si mettono a ballare tutti insieme e creano degli effetti tipo questo ottenuto alla stazione di Antwerp. M’urge di partecipare ad uno!
Aldo Grasso ha capito tutto della trasmissione di ieri.
Libertà o incitazione all’odio? Santoro e una tv da Zimbabwe
Cose che succedono solo in Italia, peggio che in Zimbabwe. Quello che probabilmente resterà l’evento multimediale dell’anno (con pesanti effetti di reazione) è stato visto da tutti fuorché dagli abbonati Rai. Un’altra perla di questa dirigenza che, non contenta di aver rifiutato il contratto di Sky, di aver perso più di 7 milioni di introiti pubblicitari per la mancata messa in onda dei talk d’approfondimento (fonte Sole24Ore), ha creato le premesse per l’ennesima celebrazione del martirio di Michele Santoro. Martirio o incitazione all’odio? Per non farsi mancare nulla, «Raiperunanotte» è iniziato subito con una pesante analogia tra Mussolini e Berlusconi, sotto forma di lettera aperta al Presidente della Repubblica: «Noi non siamo al fascismo - proclama Santoro - ma certe assonanze sono comunque preoccupanti…».
Poteva mancare la requisitoria di Marco Travaglio? E il temino da primo della classe di Giovanni Floris dal titolo «Gli italiani hanno la democrazia nel sangue»? E l’invito di Gad Lerner a «mettere agli atti» chi si è accorto della censura e chi no? E la metafora hard di Daniele Luttazzi su certe attitudini sodomitiche del potere? Il Santoro show che ieri è andato in onda dal PalaDozza è stato molto più interessante per le modalità di fruizione che per i contenuti (a parte il dramma dei lavoratori che perdono il posto). Nel nome della libertà d’espressione si sono incrociati generi differenti (informazione, intrattenimento, musica, satira…), tutte le nuove tecnologie distributive (Internet, satellite, digitale terrestre, tv locali, radio, siti, blog, social network, dirette streaming, maxischermi, persino 200 piazze), personaggi di diversa provenienza, professionale e artistica, chiamati in platea come fossero grandi star. Ma il problema, e grave, è un altro. Quando Luttazzi conclude il suo monologo ricordando che «odiare i mascalzoni è cosa nobile » non fa un enorme regalo elettorale a Berlusconi? Fomentare l’odio, alla vigilia delle elezioni, non è un atto di irresponsabilità? Se oggi la maggioranza reagirà pesantemente sarà inutile nascondersi dietro la retorica della libertà d’espressione o della rivoluzione. La politica è effetto di scena e la censura il peggiore dei suoi effetti, un indice di stupidità, ma spesso il rumore delle piazze, delle adunate, degli applausi ottunde le menti e copre i pensieri.